INtervista ad Aureliano Amadei, regista di “20 sigarette”
Dedicato a chi non c’è più. E a chi è “morto” e poi rinato. Come Aureliano
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( None so far )Cicale cicale cicale!!!!
Siccome non ci credo che la cultura di un territorio possa andare così in basso, vi copio e incollo l’ufficialissimo comunicato stampa che mi è giusto ieri pomeriggio dalla Regione Veneto. Non vorrei commentare. E questo non per disprezzo nei confronti dei protagonisti della notizia che segue (chè, anzi, presi singolarmente sono l’una il mio idolo d’infanzia, l’altro una presona amabilissima) ma perchè, purtroppo, la loro combinazione è veramente infelice. Quasi comica. Il finale è un tripudio di felicità e orgoglio Razza Piave…
“Sarà il Veneto, e in particolare Treviso, a fare da scena al prossimo film diretto e ideato da Heather Parisi, dal titolo Blind Maze (Labirinto cieco), le cui riprese inizieranno a gennaio. L’artista americana ha illustrato trama e ambientazione del film al vicepresidente della Giunta regionale Franco Manzato, nel corso di un simpatico incontro svoltosi a stamani a Palazzo Balbi. La famosa ballerina, cantante e attrice non ha nascosto le sue simpatie per il Veneto: “ne sono innamorata – ha detto – perché qui c’è una realtà diversa, un altro modo di vivere rispetto ad esempio a Roma o Milano: la gente lavora, ama la qualità della vita, vuole migliorarsi. In questo il Veneto somiglia molto agli Stati Uniti. E poi – ha ammesso – si mangia da dio…”.
“Blind Maze” narrerà la storia di una giovane statunitense che, alla morte della madre, verrà a sapere che il padre è vivo ed è un imprenditore trevigiano. Andrà dunque nel Veneto: a cercarlo ma soprattutto a conoscere il mondo e la realtà in cui vive. Il film nasce proprio da un’idea di Heater (notate il refuso!!!!) Parisi, che ha collaborato alla sceneggiatura e la vedrà cimentarsi nella regia.
Nel corso del cordiale colloquio, concluso con un brindisi a base di Prosecco DOC Conegliano – Valdobbiadene, Manzato e la Parisi hanno parlato non solo dei contenuti del film, ma anche delle possibili location dove girare alcune scene”
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( 4 so far )
Quelli che … la Mostra? – PART 1
VERSO IL LIDO_ I lidensi non si offendano, ma raggiungere il Lido è sempre un’impresa: quasi un viaggio ermeneutico dentro la laguna, le dimensioni spazio-temporali parallele dell’ACTV, passando per le FFSS. Quindi, nell’avventura del festival, va preso in cosiderazione anche questo “andare verso” che spesso è fatale.
L’ARRIVO_ Alla fine in un modo o nell’altro al Lido ci si arriva. Scesi dal vaporetto ci sono i bus speciali che ogni 3 minuti vi portano alla Mostra. Perchè la “Zona Mostra” non è, come molti erroneamente credono, nel centro del Lido ma sul lungomare. Oppure se siete fortunati potete prendere da Venezia il vaporetto speciale per la mostra che vi porta al Casino, direttamente, come ho fatto io.
LA GIORNATA TIPO_ Come si svolge la giornata tipo di un giornalista (televisivo) al Lido? Più o meno così:

Ore 8 - Colazione: cappuccino gusto fiele in bicchiere di plastica piccolo e tante brioches consolatorie (meglio se alla crema)

Ore 8.20 - Palazzo del Cinema: giretto ispettivo per controllare che i leoni siano sempre al loro posto
– – – TO BE CONTINUED – – –
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( None so far )
Il giorno dei (Toto)Leoni
In zona cesarini ma è arrivato, il Pontiggia quotidiano…
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( None so far )Un Pontiggia bilanciato sul festival
Quasi allo scadere della mezzanotte ma… è arrivato.
Quindi onore al Pontiggia che ha ritrovato noi, questo Blog e se stesso.
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( None so far )Gli eterni infelici bambini di Mamoru Oshii
Siccome sono un po’ masochista ieri sera mi sono cimentata con il cinema d’animazione giapponese e ho visto Sky Crawler dell’ormai mitologico regista giapponese Mamoru Oshii.
Sono entrata in sala perchè pensavo di rivedere un po’ Ghost in the Shell che, seppure molto distante dai miei gusti cinematografici ed estetici, era, a mio giudizio, un prodotto diverso, quindi degno di interesse, però mi sono ritrovata a consultare l’orologio ogni 5 minuti: due ore di combattimenti aerei legati assieme dalla solita, solo accennata, problematica ontologica dell’essere o non essere, essere di più, essere di meno, essere in compagnia, essere da soli.
Una grafica impressionante (ma solo per gli oggetti inanimati), una storia vagamente interessante che esce piano piano dal solito panorama pseudo-post-atomico (ma sempre con quel filo di perversione e contorcimento che piace tanto agli orientali): io l’ho visto così.
So che risulterò molto impopolare perchè Oshii, il suo messaggio e i suoi prodotti animati sono ormai pietre miliari del cinema mondiale, culto di un’intera generazione di appassionati, però io proprio non ce la faccio a buttare giù 122 lentissimi minuti di esistenzialismo sul mondo cibernetico. Dialoghi carenti, poco pathos, nessun sensazionalismo e un ritmo ipnotico stile teletubbies, Oshii si riconferma come autore di un cinema difficole, non per tutti, sicuramente a suo modo affascinante ma francamente un po’ troppo sopra (o sotto) le righe.
Ai posteri l’ardua sentanza.
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( 7 so far )Sai che c’è? Nonna ha fatto un film
Visto che ormai Pontiggia lo dò per disperso (sono già passata 3 volte all’Excelsior e nonl’ho visto alla sua postazione) il film oggi lo scelgo io.
Dopo un film orrendo e falso (Nuit De Chien di W. Shroeter – ovviamente si tratta del mio modestissimo giudizio, i soliti intellettualoni del Lido vi diranno che è da non perdere) e un film davvero interessante (Vegas: Based on a true story di A. Naderi – ma i soliti benpensanti in sala hanno pure fischato), sono appena uscita da una pellicola che è un diamante grezzo Il Pranzo di Ferragosto di Gianni di Gregorio, già ribattezzato qui al Lido, “il film delle vecchiette”.
Un film fatto letteralmente in casa (quella del regista!, a Roma) e che narra la storia del sessantenne Gianni(interpretato dallo stesso Gianni di Gregorio) che vive ancora con la madre novantenne ed è da lei tiranneggiato. Il giorno di ferragosto però Gianni si trova a dover gestire, oltre alla già incontenibile anziana madre, altre 3 più che arzille ultraottantenni, scaricate dai figli a casa dell’uomo che, per vari motivi (ricatti e debiti) non può rifiutare l’ospitalità. C’è il caso di dirlo? Le 4 vecchiette, in sole 24 ore, gliene combineranno di tutti i colori.
Ne esce uno spaccato dolce e anticonformista della condizione degli anziani nel nostro paese dove l’amore sbiadito dei “figli” è bilanciato dalla colorita vitalità di queste 4 “più che madri”, ognuna dipinta con una personalità ben precisa. Tenere e forti allo stesso tempo, caparbie e vanitose, irresistibilmente simpatiche, le 4 donne, nonostante le reciproche differenze dovute un po’ al carattere, un po’ all’età, in vista del fatidico pranzo di ferragosto riusciranno a trovare una loro dimensione amicale, un piccolo e agguerrito club stufo marcio di vivere secondo le regole dei “vecchi”, fatto di parole, ricordi, risate, confessioni, ma anche alcool, tabacco, trucchi e tarocchi.
Un film in cui vincono le donne e dove gli uomini son perduti: 75 minuti cuciti con delicatezza addosso a 4 indimenticabili signore (350 anni in 4!), esordienti assolute, cha a quasi 90 anni hanno deciso di divertirsi di fronte alla telecamera e che in sala – poco fa – si sono emozionate come delle bambine agli applausi della platea.
Il film non è in concorso ma è quello scelto per la Settimana della Critica. Purtroppo distribuiranno, fin da domani, solo 40 copie in tutta Italia quindi sarà alquantoprobabile che diventi una pellicola super conosciuta. Ma io vi prego, che siate o no cinefili, ovunque vi troviate, di cercare in qualche cineforum, in qualche sala d’essai questo delizioso filmetto e vi prego, spargete la voce, di modo che si sappia in giro che il cinema d’autore italiano non è morto, solo che è nascosto dietro le rughe di queste vecchiette che con la loro bellezza ci hanno dimostrato che tutti hanno qualcosa da dare fino all’ultio istante delle loro vita.
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( None so far )Simpathy for Lady Vengeance
C’era una volta un film stranissimo (coreano) che si chiamava così: la vendetta (tremenda, spietata e sanguinosissima) di una donna nei confronti di un’uomo maturata in anni di angherie.
Oggi io sono così: siccome l’ottimo Federico Pontiggia sta latitando nel suo essere critico cinematografico via-web per questo piccolo blog, oggi lo citichiamo noi.
Ecco qui il suo BLOB. Con tutto il sentimento di vendetta possibile…
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( 1 so far )Achille e la Tartaruga
Il collega Federico Pontiggia alle prese con l’ultima creatura di Takeshi Kitano, in concorso a Venezia “Achille e la tartaruga”, una divagazione furba sulla pittura contemporanea.
p.s. a chi ancora si domandasse se Takeshi Kitano-regista blasonato, sia lo stesso Takeshi che gigioneggiava vestito da figlio dei fiori versione Sgt. Pepper nella trasmissione “Takeshi’s Castle”… definitivamente “SI”, è lui. E allora?
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( 1 so far )Tutti noi siamo ciechi della ragione
“Cecità” di J. Saramago è un libro per l’umanità. Una riflessione triste su quello che la nostra società è diventata, ignorando – di volta in volta – pezzi di realtà, fino a non vedere più nulla. Io l’ho letto per caso più di 10 anni fa, appena uscì, nel ’96, e mi sono innamorata della prosa saggia e delle tematiche universali di questo scrittore, premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Ora scopro da Intenet che sta per uscire un film con Julianne Moore e Mark Ruffalo (http://video.msn.com/video.aspx?mkt=en-us&vid=b10fe33d-d3a1-40b8-9bde-b6beb383360f)
Non so se gioire. La “riscoperta” dei buoni libri attraverso i film mi è sempre stata sospetta. Io non credo lo andrò a vedere. Leggere Cecità è stata un’esperienza personale, emotiva e intellettuale, davvero forte, per certi versi angosciante, di sicuro irripetibile. Come per ogni libro poi – e a maggior ragione per questo, così indefinito, così “ideologico” – il valore aggiunto è crearsi i propri luoghi, i personaggi e contribuire così alla continuazione della riflessione che l’autore propone.
Non è un libro semplice (quando mai le riflessioni sono semplici?). I protagonisti non hanno nome, attraversano le pagine con la sola forza della loro personalità, immersi dall’inizi alla fine in una cecità lattea, bianca, anormale e paradossale. La punteggiatura non esiste, viene rispolverato lo “stream of consciousness” Joyciano, ma con un calore e un trasporto che solo un autore portoghese poteva riprodurre. Questo porta a sbilanciare verso una spirale emotiva sempre più angosciante e profonda la storia che viene raccontata da Saramago. Dal primo, strano caso di cecità della prima pagina, si passa già nelle righe successive ad un’intera città vittima della cecità bianca: i nuovi cechi devono riorganizzarsi al più presto, ritornare alla vita normale, ma gli ordini vengono sovvertiti a causa di questa misteriosa piaga. Il “come” è la materia del libro.
Nonostante la traduzione italiana di Cecità sia veramente buona, per capire meglio il significato del libro e il senso con cui è stato scritto (e dovrebbe essere letto), dovete sapere che Saramago ha sepre considerato il suo capolavoro letterario un “esaio”, che in portoghese è, appunto, un saggio. Tanto è vero che “Saggio sulla lucidità” (Einaudi, 2004), che è la continuazione ideale di “Cecità” , è stato giustamente proposto ai lettori con tale titolo. Apro una velocissima paretnesi su Saggio sulla lucidità : leggetelo! I protagonisti sono gli stessi di Cecità, ma questa volta l’epidemia che devono affrontare è quella delle elezioni e della democrazia. Veramente d’attualità.
Leggi l'articolo intero | Make a Comment ( 1 so far )